sabato, gennaio 07, 2006

IL POETA

a P.
1. Annaline
Il ricordo di altre ore prese piede nelle parole di Diego Suffix, un personaggio buffo a vedersi, ma con una chiarezza magnetica nei sottili tratti dello sguardo. Pareva che guardasse sempre molto più in là, come cercando e come aspettando che qualcuno gli chiedesse che cosa. Le parole gli uscivano dalla bocca quasi le ripetesse pari pari come le aveva sentite. Un tramite. Un buffo messaggero che scriveva su carta non intestata, che recitava in modo neutro.
La ragazza si sedette accanto al poeta e attese che lui se ne accorgesse. Non attese a lungo. Il poeta chiuse il taccuino e Diego Suffix sospese la voce tra un parola e l’altra, smettendo di respirare.
Il poeta si accorse di non conoscere la risposta. Se gli avesse chiesto di cosa era fatto il cibo degli dèi, lui avrebbe saputo risponderle. Ma cosa avesse scoperto a proposito delle onde, questo davvero non sapeva dirlo. Il cuore degli umani era spugnoso e corruttibile. Il poeta immaginò che un’onda potesse scioglierlo, o comunque portarlo via. Ma più di questo…
La ragazza rispose di chiamarsi Annaline. Al poeta non bastò e lei aggiunse che la mandava Ruth Arcana. Questo fu sufficiente. Cosa c’era esattamente che non andava, nel lavoro che stava svolgendo? Perché era stata tirata in ballo addirittura Ruth Arcana? Quello sugli umani era uno studio complicato. I cercatori erano molti. Il poeta si chiese se Annaline fosse già stata a far visita a tutti gli altri. Sotto la mano che teneva chiuso il taccuino riuscì a distinguere il battito del cuore di Diego Suffix, che smaniava di tornare a parlare. Ma, nonostante il silenzio che durava da un po’, il poeta decise che non era il momento. A un certo punto sembrò che tutto si fosse aggiustato da sé. Se all’inizio il poeta aveva provato una lieve impazienza di ascoltare cosa avesse da dire il messaggero, ora cominciava ad essere chiaro che Annaline era lì semplicemente per metterlo al corrente del fatto che Ruth Arcana lo osservava. Una cosa ad ogni modo difficile da realizzare. Forse non era vero. Forse Ruth Arcana non c’entrava niente. Annaline poteva essere un altro corriere con il compito di mettere fretta, o uno spirito che aveva voglia di scherzare. Il fatto che l’Arcana sapesse della missione era di per sé una novità. Ma era anche piuttosto prevedibile, vista la posta in gioco. La cosa che generò più ansia fu quel pensiero che rimase seduto sulla panchina, quando Annaline si allontanò verso ovest. Un pensiero che suonava come: chissà da quanto tempo mi stanno dietro. Un pensiero inquietante.
Lentamente, con grande sforzo di polmoni, Diego Suffix riprese a respirare normalmente e le sue parole tornarono ad essere veloci come pugnali lanciati. L’altro personaggio era un certo Vic Diga, un ragazzo di colore con le spalle lisce e tonde di chi nuota spesso. Guardava Diego con aria sognante. Era parecchio più giovane di lui.
Diego aveva i capelli sottili sciolti sulle spalle. Era sulla trentina. Magro e con le gambe smisuratamente lunghe. Non c’era nulla di bello in lui, a parte quello sguardo. Quello con cui guardava più in là.
Il poeta vide Annaline ripassare sulla banchina. Con i capelli legati era ancora più bella. E ora si vedeva chiaramente il collo. Sottile e liscio, come di ghiaccio, al tatto. Non poteva che essere una sacerdotessa dell’Arcana. Il poeta si convinse, rabbrividì, gettò un’occhiata intorno e Vic Diga sospirò a testa bassa, mentre confessava a se stesso di essere innamorato di Diego Suffix. Il poeta fece fare un salto indietro allo sguardo volante di Diego, che incontrò la fronte nera di Vic Diga, su cui scorse del sudore appena preparato, ancora fresco.
Una lingua di vento attraversò la banchina e il poeta riconobbe il profumo di Annaline. Quello che doveva fare era seguirlo. E così fece. Scrisse ancora di come Diego e Vic parlarono del mare, poi i suoi passi dovettero affrontare una ripida salita. La grafia si confuse sul foglio prima che il poeta potesse mettere un punto. Quando il taccuino si chiuse, i due erano abbracciati.


2. Doré all'aeroporto
L’aeroporto era affollato. Una folla disordinata e continua. O si era in corsa o in attesa. Il poeta sentì di essere l’unico ad essere lì e basta. Senza niente di preciso da fare. Forse perché non aveva bisogno di un aereo per volare. Oppure semplicemente aveva capito che in fondo agitarsi tanto non serviva a nulla.
Quel luogo dopotutto non esisteva. Esisteva solo per quei minuti. E per ogni secondo di quei minuti lì era probabilmente la cosa più importante. Qualsiasi cosa accadesse là dentro era completamente relativa. Dipendeva in tutto e per tutto da quel luogo senza radici.
Un aeroporto non ha fondamenta. Ha bisogno di restare lì solo per quel poco tempo. È come se ognuno avesse il suo. Una volta saliti in macchina, lasciandoselo alle spalle, quello si alza nel cielo, per poi ricadere e frantumarsi al suolo. Centinaia di persone sparse per terra come pezzi di un grande specchio e l’insegna degli arrivi internazionali che si spegne in due battute, come gli ultimi colpi di tosse di un vecchio morente.
La ragazza del bar passò con un vassoio di tazze sporche. Ritirò anche quella del poeta, che le sorrise piano, senza farsi sfuggire lo sguardo.
Il rombo di un aereo si fece vicino e il poeta sentì che era quello giusto. Si avvicinò al terminal e attese con le mani in tasca.

Doré uscì dal varco e lesse il cartello col proprio nome negli occhi del poeta, che cercò di mantenere una visuale periferica e soprattutto uno sguardo freddo.
- So cosa hai fatto. - disse invece Doré con un sorriso.
- Allora lo sanno tutti. - rispose il poeta tagliente. Non c’era nemmeno una piccola parte di Doré che al poeta non desse fastidio. Ma strinse quella mano talmente forte da cancellare un dito. Si scusò e il dito riapparve.
Doré si lamentò della gente, di come nessuno si guardasse mai in faccia. Il poeta disse che era una cosa a cui si doveva abituare.
Doré ci si sarebbe abituato. - C’è una cosa a cui tu devi abituarti, poeta. - disse poi.
- E sarebbe?
- Non sei il padrone, qui. Stai svolgendo un lavoro.
- Questo lo so. Che cosa intendi dire?
- Non puoi andartene in giro a perdere tempo. Ci sono domande a cui devi rispondere.
- Chi diavolo ti ha mandato da me?
- Ecco. Ci sono anche domande che non devi porre affatto.
Il poeta si fermò e prese il compagno per un braccio.
- Sentimi bene, Doré. Non mi piace che qualcun altro mi insegni il mestiere. O qualsiasi altra cosa. È proprio questo il significato della mia missione. Dimostrare che ogni cosa ha un senso. E che questo senso può appunto essere trovato in ogni cosa. E da ogni persona. Senza bisogno che qualcun altro venga a dettar legge. Ho obbedito e obbedirò a qualsiasi ordine, ma il lavoro è e rimarrà mio. Non permetterò a nessuno di voi di farmi la paternale. Sono stato chiaro?
Doré conservò sul viso un solco dove raccolse tutta l’antipatia che era in grado di suscitare.
Il poeta controllò le nuvole e poco dopo, nel silenzio, seppe che si sarebbe pentito di ogni parola.
Ma ormai il tramonto si era fatto rosso e le ore si sarebbero sciolte una dietro l’altra. Il poeta si morse la lingua e Doré scomparve prima che raggiungessero il parcheggio di lunga sosta.

8 Comments:

At 3:31 PM, Blogger Silencio said...

:)
grazie!!
che bello, che mi commenti!

p.s. mi sono sentito male su "herdes"

 
At 1:53 AM, Anonymous Anonimo said...

Senti, sono le 2 di notte, dopo una riunione sono a casa con Stefania, da me ospitata.
Siamo andati su internet
e abbiamo scoperto perché non ci hai mai detto che spettacolo fosse quello di Modena.

AR "BUIO" CHE FACEVI?
con chi stavi?

CHIAMACE

 
At 5:38 PM, Anonymous Anonimo said...

Il Ragazzo si farà... quest'altr'anno giocherà con la maglia numero sette

 
At 11:51 AM, Anonymous Anonimo said...

ciao!
Ho sentito la tua musica su myspace...wow..

 
At 1:41 PM, Blogger Donna del Mare said...

Eccotiiiiii ma..che fine facesti? scrivi ancoraaaaaa

 
At 11:13 PM, Blogger Silencio said...

ciao donna del mare!
hai ragione, non scrivevo da un po'..
come vanno le cose?
baci
Silencio

 
At 12:36 AM, Blogger GrimFang said...

...e qui è davvero tutto silencio....

Ciao fratello.
Scrivo nella polvere.

 
At 4:37 PM, Anonymous Anonimo said...

Really interesting article.

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