domenica, ottobre 30, 2005

MADAME GEORGE


Dopo Mr. Zebra...

Era da tanto che volevo parlarvi di lei. Ora più che mai, visto che se ne potrebbe trarre lo stesso gioco che Viola ha tratto da Mr. Zebra. Come ve la immaginate?...

Non so quanti di voi conoscano questo personaggio. E' il titolo di una canzone del nostro carissimo amico Van Morrison, al quale, come sono stato d'accordo con Matan, mio fratello David Gray si ispira parecchio. Impossibile non notare la chiara citazione (peraltro testimoniata dal tag "used by permission" all'interno del libretto delle lyrics) che pervade testo e musica di Say Hello Wave Goodbye, brano che chiude White Ladder, il terzo cd di Gray.

Voglio trascrivervi il testo, confidando che i più attenti e curiosi non manchino di aprire un qualsiasi programma di download e scaricare l'mp3 del grande artista irlandese. Lo faccio perché trovo che questa lirica sia uno dei migliori esempi di descrittività meticolosa, che non disdegna di appoggiarsi a una struttura musicale elementare, guidata da chitarra e violino. Semplice sol-do-re, tutto bello maggiore e malinconico, come il vento che spazza via i giornali sui marciapiedi di Cyprus Avenue, un viale di Dublino che custodisce sempre, per Morrison, il tema doloroso e dolce dei goodbyes più sentiti e caldi.

Il brano è estratto da Astral Weeks, del 1969. Avrei forse solo per un attimo pensato di tradurvelo, ma alla fine ho deciso di no, un po' timoroso del giudizio dei temibili Anglofoni Mascherati che vivono in mezzo a noi, un po' colto da pigrizia, un po' perché, sinceramente, sono un fanatico della musica che certi testi scritti bene conservano solo nella propria lingua d'origine. Qualcuno di voi conosce questa mia mania. Altri impareranno a conoscerla e ad apprezzarla.

Intanto mi ri-ascolto la canzone. Ed è bello ritrovarsi così tanto in qualcosa scritto da qualcun altro.
Questo sempre in virtù delle potenzialità incontrollabili dell'arte, che, secondo me, vanno riconosciute sempre, al di là di ogni discorso. E vanno inseguite, anche, sottraendole al vento, giù per Cyprus Avenue...

"Down on Cyprus Avenue
With a childlike vision leaping into view
Clicking, clacking of the high heeled shoe
Ford & Fitzroy, Madame George.
Marching with the soldier boy behind
He's much older with hat on drinking wine
And that smell of sweet perfume comes drifting through
The cool night air like Shalimar.
And outside they're making all the stops
The kids out in the street collecting bottle-tops
Gone for cigarettes and matches in the shops
Happy taken Madame George
That's when you fallWhoa, that's when you fall
Yeah, that's when you fall.
When you fall into a trance
A sitting on a sofa playing games of chance
With your folded arms and history books you glance
Into the eyes of Madame George.
And you think you found the bag
You're getting weaker and your knees begin to sag
In the corner playing dominoes in drag
The one and only Madame George.
And then from outside the frosty window raps
She jumps up and says Lord have mercy I think it's the cops
And immediately drops everything she gots
Down into the street below.
And you know you gotta go
On that train from Dublin up to Sandy Row
Throwing pennies at the bridges down below
And the rain, hail, sleet, and snow.
Say goodbye to Madame George
Dry your eye for Madame George
Wonder why for Madame George.
And as you leave, the room is filled with music, laughing, music,dancing, music all around the room
And all the little boys come around, walking away from it all
So cold.
And as you're about to leave
She jumps up and says Hey love, you forgot your gloves
And the gloves to love to love the gloves...
To say goodbye to Madame George
Dry your eye for Madame George...
Say goodbye in the wind and the rain on the back street
In the backstreet, in the back street
Say goodbye to Madame George
In the backstreet, in the back street, in the back street
Down home, down home in the back street
Gotta go
Say goodbye, goodbye, goodbye
Dry your eye your eye your eye your eye your eye...
Say goodbye to Madame George
And the loves to love to love the love
Say goodbye to Madame George
Get on the train Get on the train, the train, the train...
This is the train, this is the train...
Whoa, say goodbye, goodbye....Get on the train, get on the train..."

sabato, ottobre 29, 2005

IL VENDITORE DI ALI


Era di nuovo lì. E questo il poeta davvero non riusciva a sopportarlo. Annaline lo spiava da dietro il petto di qualche passante. E questo il poeta riusciva perfettamente a sentirlo.
Credette che il vento si alzasse per fare il suo lavoro, al limite per far socchiudere qualche occhio di più, ma il mare fece cenno di “no” con la testa. E seguitò a respirare.
Un lungo bagnasciuga solcato da passi confusi esalò dalle pagine del taccuino. La storia aveva un vago sapore di vissuto. Il poeta si chiese se non avesse pescato per caso un’antica leggenda. Il cartello prima degli scogli aveva il capo piegato, come in una posa di rassegnazione. Il poeta tornò ai suoi sogni.
Dalla sabbia venne fuori Romeo, un venditore di ali con un braccio solo. Cercò di chiudere una transazione con un vecchio di colore dalle sopracciglia bianche, proprio mentre un’immagine di lei passava davanti agli occhi chiusi del poeta.
Annaline comparve con un vestito azzurro. I suoi occhi erano del colore del cielo alle sette di sera. Lo stesso che tingeva pigro la spiaggia del venditore di ali. Un bimbo che aveva dentro gli occhi una grembiulata di castagne sorrise a Romeo, dicendo che desiderava un’ala.
Annaline inspirò il sale nell’aria e disse che Ruth Arcana voleva compagnia per cena.
- Solo una? E perché mai?
- Perché non ho abbastanza soldi per pagarne due. Penso che per il mio peso una basterà.
Il poeta scoppiò a ridere e seguitò a tenere gli occhi chiusi.
Romeo scoppiò a ridere e sentì il profumo delle castagne.
- Castagne? - chiese Annaline in un sorriso.
- Castagne. - rispose il poeta mettendosi due dita sulle palpebre.
- Un’ala non basterebbe nemmeno a far volare una margherita. - il venditore sapeva quel che diceva. Mise una mano nel sacco.
- Ecco, prendi queste. - disse il poeta porgendo ad Annaline una manciata di conchiglie rosa.
- Ecco, prendi queste. - disse Romeo e tirò fuori due piccole ali, che gli palpitarono nel palmo della mano.
- Portale a Ruth Arcana. - il poeta sorrideva ancora - Dille di sgranocchiarle con l’aperitivo. - e il sorriso si trasformò in una risata.
- Quando potrai mi pagherai. - il bimbo con le castagne negli occhi prese le ali con le mani tremanti.
- Tutto qui? - chiese Annaline con una smorfia, sfregando fra loro le conchiglie.
- Le metto qui? - chiese con voce sottile il bambino, tentando di sistemare le ali tra le scapole.
- Verrò a cena solo a lavoro ultimato. - disse il poeta diventando improvvisamente serio e senza staccare la penna dal foglio.
- Come vuoi. - rispose Romeo alzando le spalle.
- Come vuoi. - rispose Annaline alzando le spalle.
- Allora le metto qui. - disse il bambino poggiandole sulla fronte.
- Perché proprio lì? - domandò Romeo sapendo già la risposta.
- Perché voglio che i miei occhi arrivino il più in alto possibile. - disse raggiante il bimbo mentre già si alzava in volo. - Grazie!
- Ma porta qualcosa da mangiare. - si raccomandò Annaline.
Romeo fece ciao con la mano, mentre gli occhi del bimbo già scintillavano al sole.
- Porterò delle castagne. – Il poeta aprì gli occhi e vide Annaline che si allontanava con un mazzo di vento tra le dita e lasciando sgretolare le conchiglie.
Fece ciao con la mano.
E Romeo si fermò qualche minuto ad ascoltare il tramonto.

venerdì, ottobre 28, 2005

SEICENTO

(ecco il dialogo che voleva Matan)


“Salve. Se possibile ne vorrei uno senza colore, ché possa essere ridipinto ogni volta. E grande abbastanza da potercisi vestire.”

“Ne abbiamo uno che corrisponde giusto giusto.”

“Quanto rischia di costare, esattamente?”

“Dipende esattamente da quanto ha intenzione di usarlo.”

“Non ho grandi pretese. Abbastanza per una piccola follia.”

“Già meglio, ma deve essere più preciso. Di che genere di follia si tratterebbe?”

“Niente di che. Piccola, con i contorni semplici, magari qua e là qualche ora ad aspettare, la solitudine – un pizzico! – di quella da in-mezzo-alla-folla.”

“Ssssì. Altro?”

“No, non credo. Il resto, certo, va a discrezione del contesto.”

“Capisco.”

“Allora, se c’è da sborsare molto… sia delicato. Insomma, non è detto che io lo compri. Lei mi dica lentamente il prezzo. Senza esagerare con gli eufemismi, ad ogni modo. Insomma, sia sincero, ecco. Potrei decidere di acquistarne un pezzo alla volta.”

“D’accordo. Mi dica quando si sente pronto..”

“Bene. Sono pronto.”

“Mi ha detto margini semplici, vero? Insomma, il minimo indispensabile.”

“Sì. Allora?”

“Va bene. Seicento.”

“Seicento ore?!”

“Seicento giorni.”

“Ah, mi sembrava. Hm, capisco.”

“È troppo? Lo trova esoso? Guardi che è un ottimo prezzo. Insomma, dopo tutto parliamo di un cuore.”

“Parliamo di seicento giorni!”

“Sì.”

“Seicento giorni senza nient’altro che questo pensiero.”

“No, questo non è esatto, scusi. Non è corretto. In quei seicento giorni è incluso anche il pensiero di quando finalmente avrà quel cuore nuovo.”

“Non capisco.”

“Beh, altrimenti sarebbe come vedere solo la metà vuota del bicchiere. Nel pensiero di non avere un cuore è incluso anche il pensiero di averne uno nuovo.”

“Signore, sono seicento giorni di povertà. Sono molti di più di quelli che hanno causato la rottura del primo cuore rendendo necessario questo acquisto.”

“Seicento giorni di vuoto.”

“Fa lo stesso.”

“No, non fa affatto lo stesso. La povertà è una condizione. Una triste condizione. Il vuoto non è che uno spazio da riempire.”

“Lei è fissato con le metà dei bicchieri, scusi. Comunque questo è un interessante punto di vista.”

“Ecco.”

“Seicento, ha detto, eh?”

“Seicento.”

“Ci penserò su. Tornerò.”

“Molto bene. Tra quanto pensa di tornare?”

“Perché lo vuole sapere?”

“Così, nel caso, lo tengo in caldo.”

“Devo fare un po’ di conti e capire se ho davvero bisogno di un cuore di ricambio. Magari invece qualcuno me lo aggiusta…”

“Allora? Tra quanto la rivedo?”

“Diciamo… seicento giorni.”

Dieciluglio 2005

martedì, ottobre 25, 2005

MEGLIO UN GIORNO DA ARMONISTA CHE CENTO DA INSETTO! (se poi proprio non puoi rinunciare a niente...)

Cari tutti.
Finalmente trovo tempo e voglia di scrivere due righe su questo assurdo week-end.
Direi un lungo week-end di paura, o, più giustamente... UN CULO COSI'!

Direi che cominciamo da qui...




1. Il Viaggio
(ovvero: "Quando il gatto non c'è i topi s'attaccano ar cazzo")



Ecco. Capisco che voi non la vediate, ma lassù, affacciata a uno dei minuscoli finestrini, con un'espressione terrorizzata che manco P.A. Baracus dell'A-Team quando lo facevano volare, c'è l'adorabile faccetta di quella bella donna che è mia madre. Forse vi ricorderete di lei per la sua straordinaria performance commentaria al post "Cuore di mamma", che ha sciolto i cuori di tutti noi. (cfr.)

Fatto sta che il suo aereo parte per Parigi mercoledì 19 in mattinata. Quello di Mamma Rosaria è un viaggio di lavoro, che nessuno potrà mai contestare, ma che più di uno, qui alla Postazione 37, (vedi nota a fondo paragrafo) da Sergio alla sorella, passando dal gatto alla zia, maledirà con ferocia.

Sergio la accompagna a Fiumicino in largo anticipo, non abbastanza, tuttavia, da evitare di incappare in lui:


Questa è una raffigurazione del terribile mostro che abita il Grande Raccordo Anulare nelle ore di punta. Ti bracca con i suoi abominevoli tentacoli e non ti lascia più. Quand'anche fosse ti regala all'uomo nero che ti tiene un anno intero, il quale finisce per consegnarti alla befana che ti tiene almeno per una settimana. Si dice sia il padre dell'altrettanto temibile essere che blocca il traffico in Piazza dei Giuchi Delfici... Lovecraft sta indagando...

Insomma, dovete sapere che Mercoledì 19 alle 9.30 Sergio ha l'appello di un esame. Storia del Teatro Musicale. Sarà uno degli ultimi della sua lunga carriera accademica. Ovviamente, liberatosi dalle spire del mostro, Sergio fa comunque tardi e dovrà aspettare il pomeriggio per farsi ammettere all'esame, dopo uno stressante sopralluogo all'Eliseo Cafè.

Il 27 non si addice a Sergio quasi come il lutto ad Elettra (questa è un po' raffinata, per i digiuni di drammaturgia... :) E questo è solo l'inizio dei 5 giorni più faticosi dell'ultimo semestre della vita di Sergio, che si palleggia tra prove, sessioni catartiche di scrittura, studio, organizzazione eventi e turni di piantone a casa col genitore invalido.

Ma, senza indugiare in un racconto troppo dettagliato a proposito delle tappe di questa estenuante Odissea, salteremo subito a mostrare i risultati di tutto il suo affanno.

2. Anonima Geologica

(ovvero: "Metti un settetto ad occupare")

Bello andarsene il sabato mattina all'università per una lezione di Estetica. Ma ancora meglio passare prima ad annusare l'aria frizzante della Città Universitaria semi-deserta, ma pervasa da un già percepibile fremito. Camminando tra pergolati porta-sfiga ed architetture fasciste, mi lascio cullare la suono dello scotch tirato e strappato coi denti, steso poi a fissare su muri e bacheche di lamiera l'ennesimo volantino dell'ennesima festa reggae fricchettona. E non è male, tuttavia, obbligare un tuo conoscente che vuole salutarti a sbraitare il tuo nome, perché le cuffie del tuo Zen Xtra ti sparano nelle orecchie la tracklist meglio riuscita degli ultimi giorni.

DODO: Allora ti aspetto qui, il mio contatto non è ancora arrivato. Sono nell'unico camper giallo limone pieno di mele. Impossibile non notarmi.

Invece, ovviamente, Sergio sfreccia ciondolante sulle anche proprio davanti al puntolone giallo. Ma questa è un'altra storia. Solo io, ragazzi.

Comunque, non è male, in fondo, nemmeno capitombolare alla Facoltà di Geologia occupata dopo 5 ore di prove de "Gli Insetti", per trovarvi, nell'aula fornita di impianto, un trio (due chitarre e una tastiera) con Guccini in persona senza-barba-ma-uguale-pure-nella-postura. Il pubblico è quello che ognuno si aspetterebbe a una serata del genere. Il repertorio anche, pare. Se non che, dopo un conato di assordante "Puttanic" proiettato sul soffitto dell'aula e una gradevole sessione chiacchiereccia con Matan circumnavigando la Minerva e facendo la gimcana tra fuochisti, giocolieri, rastabbestia e punkabbestia con relativo canide in calore, si attende l'arrivo di Simone Moraldi e l'Anonima è pronta a scaldare le ugole.

Alzi la mano (sinistra, possibilmente chiudendola a pugno!) chi, tra tutti i fans del mitico settetto, si sente di poter ricordare un successo pari a quello di sabato sera a Geologia. Tra un "MORATTI!... MERDA" fomentato da Jacopo e un "ROMEI!... MERDA!" di risposta di MoraLdi, su The lion sleeps tonight si valica addirittura il confine del pogo! Una cosa davvero mai vista! Per non parlare del gran finale telefonatissimo, con la Mestizaje più ispirata e urlata e sentita e semi-stonata e pugno-chiusata che mai! Le lacrime agli occhi. I nodi alla gola. E i sarcomi alla laringe.

3. The bright side of the road

(ovvero: "L'Anonima canta de 'Fori' ")

Dopo giorni burrascosi, vissuti rintanato in macchina o surfando con le ruote del mio cesso di scooter su pozzanghere stile New Orleans, finalmente Ra (che non è Andrea Ra, Biole, intendo il dio Sole) ci ha concesso un angolo del suo sorriso, quanto basta per illuminare una Via dei Fori Imperiali gremita e coloratissima.

Suoni e rumori pulsanti di vita propria, linee limpide di emozione, nel vedere così tanta arte catalizzata insieme nello stesso fulcro. Tra il frusciare vaporoso della seta che copre i trampoli e il suono di ottoni stonati che coprono accenti di lingue differenti, si alza l'inconfondibile: "DEEEEEEEEOOOOOOOOOOO!..." di Jack. E una masnada di versi sconclusionati echeggia testimoniando che sì, l'Anonima è tra gli artisti di strada selezionati per Domenica ai Fori.


Eccoci. In barba al PHOTOSHOP ho invece solo invertito i colori dal Paint, creando questo suggestivo effetto. La scalinata dirimpettante alla Basilica del nostro caro amico Massenzio (mi sembra sia quello che abita sul pianerottolo dei Gufi, no? :) ospita il celebre settetto tra sculture di vento e fanfare, non senza una fin troppo generosa e abnegante spruzzata di sano "salentinismo", che succhia via loro metà del tempo, un terzo di scaletta e tutto l'amore per il folk italiano. Da annotare anche l'Odissea-Generatore, divertente ma massacrante, nonostante la presenza di una Valeria Golino dei poveri a sorriderci con gli occhi.

4. Insetti tra le tende dell'Eliseo

(ovvero: "The long day is over")


Solo una nota per ringraziare quanti hanno avuto il coraggio di intervenire al mio spettacolo "Gli Insetti" all'Eliseo Cafè. (se proprio volete saperne di più fate una ricerca su Google o contattatemi personalmente, ché sennò poi dite che attacco le pippe sul blog) .

Torno a casa stanco morto, vuoto come la mia bottiglia di Martini ad alcune feste anche abbastanza recenti, con i muscoli e i nervi che chiedono pietà e con in testa ogni singolo attimo di questi giorni infiniti. Penso che è bello, a volte, ricordarsi di aver vissuto.

(lacrime, please)

5. Maman

(ovvero: "Mamma, in francese")

Niente, questo blog è destinato a veder protagonista la mia madre preferita (forse perché l'unica). Bloccata a Parigi dall'overbooking dell'Alitalia, ha volato in ritardo su Roma e non si è sentita di unirsi al pubblico imprudente. Eccola, mentre si riposa placidamente.

Lei, almeno lei, è riuscita a NON venire al mio spettacolo domenica sera. Lei, almeno lei, non ha avuto una luce rossa sparata negli occhi e la mia voce nelle orecchie per 40 minuti. Lei, almeno lei, non mi ha ascoltato e guardato strisciare sulla moquette dell'Eliseo Caffè, su cui poi avrei sputato piccoli fagioli messicani spacciandoli per insetti. Lei, almeno lei, non mi ha visto arrampicarmi goffamente sull'asta del microfono. Eppure lei, solo lei, mi ha sentito rientrare a casa trascinandomi dietro tutto il mio circo di suoni e rumori. Eppure lei, solo lei, mi ha ascoltato rispondere a mezza voce chiedendomi dello spettacolo. Eppure lei, solo lei, mi ha visto montare sul soppalco gocciolando un'amarezza che nemmeno io saprò mai nominare.

Potrebbe essere una piccola testimonianza di chiusura al dibattito di Matan "talento e ciabatte".

O potrebbe essere solo una piccola testimonianza di chiusura.

Archiviato.

giovedì, ottobre 20, 2005

FRATELLI

(da un anonimo ho ricevuto questa)
(un anonimo significa che non sai chi è o che non vuoi dirne il nome, sergio?)
(no comment)
(quindi potresti anche essere tu?)
(no...)
(no comment, ho capito!)
(no! no era la risposta!)
(forse mi limiterò a leggere)

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"Nell’inverno che restava non c’erano parole.
Rimanevano come a banchi lungo i marciapiedi
Vicino alle stesse scarpe di sempre.
Qualcuno mormorò che la morte era venuta e
Finivano le giornate come comete. Istantanee.
Dal vicolo delle marionette due fratelli si riconoscevano
Prendevano tempo per gli abbracci. Dagli occhi potevi dire
Che avevano memorie e dalle memorie venivano altri abbracci
E altre lacrime.
Lui stava scrivendo il suo primo romanzo ma non l’avrebbe mai finito.
Si abbracciarono per ore e la notte si fermò sopra di loro
Tra il cancelletto di ghisa e il portone.
Mentre si tenevano le spalle, piccoli uomini danzavano intorno
Ridendo strano come fosse che il circo era in città e il momento
Dei clown era fuori e tutti erano felici.
I due fratelli si spostarono in tondo come danzando.
La notte non era ancora cominciata sopra il vicolo e già l’alba
Si faceva rossa prepotente e l’aria pizzicava d’Autunno primo.

Tutte le foglie si raccolsero accanto all’immagine degli alberi
Ed erano più vere le bugie e più desiderate.
Nelle mani di lui rimasero una manciata di petali.
La schiena era sparita e sembrava come fosse stato tutto un sogno.
Ma poi il sogno tornò e lui sapeva che c’era poco tempo e la marea
Sarebbe salita al cielo e le foglie sarebbero tornate alle radici e ai semi.
Un migliaio di miglia lontano il fratello s’accorse che le spalle erano scoperte come
Non lo erano mai state. Se quello era stato un sogno, pensò, non ho ragione.
Furono attimi ancora e ancora le maree si assomigliavano.
Si fermarono sorridendo a metà del vicolo, dalla stessa parte della distanza,
nell’intrecciarsi di punti. Nell’unico punto che c’è adesso si abbracciano veramente.
La notte non era ancora cominciata sopra il vicolo e già l’alba
Si faceva rossa prepotente e l’aria pizzicava d’Autunno primo. "

MR. ZEBRA




Il signor Zebra non amava attendere. Doveva esserci un buon motivo.

Il coro delle donne sostava giù nel cortile. Si sventolavano annoiate e con le poche energie rimaste uccidevano zanzare.

Nel tempo che di solito il signor Zebra impiegava a bombardare santuari, ora, in tempo di pace, perlopiù giocava a calcolarsi le dita, gareggiando con la propria ombra. Perdeva spesso.

- Mi ha chiamato, signore?

Sul retro del palazzo i due figli del cuoco sopportavano il caldo a fatica e si inseguivano stanchi.

I mazzi di stelle nel cielo continuavano a profumare.

Il signor Zebra scagliò la testa del ragioniere contro lo specchio e raccolse una scheggia in tutta calma. Il ragioniere rimase immobile nell’angolo della stanza.

La moglie del ragioniere, nella camera da letto, aspettava annoiata.

Una delle donne del coro attraversò il cortile e raccolse due sassi a forma di luna piena. Il signor Zebra la guardava dalla finestra della sua camera.

La ragazza di Kontikij bussò forte alla porta del suo amante.

La moglie del ragioniere sobbalzò e si avvicinò allo spioncino.

- Il signor Zebra ti aspetta nella sua stanza. - il ragioniere aveva un occhio che gli pendeva sulla guancia. La donna del coro strinse in mano la pietra e vide la propria espressione terrorizzata riflessa nei frammenti di specchio sparsi sul volto del ragioniere.

Quando la porta si aprì, la ragazza di Kontikij tentò di indietreggiare, poi il coltello del cuoco le si conficcò proprio sopra lo sterno.

Il signor Zebra disse chiaramente che aveva un favore da chiederle. Quel che è giusto è giusto: avrebbe raccolto altre due ragazze del coro e sarebbero andate nella stanza del ragioniere.
- È proprio accanto a quella di mio figlio.

La moglie del cuoco chiuse la porta e lui trascinò il corpo della ragazza di Kontikij nell’angolo est della stanza, abbandonandolo sopra quello del suo amante, il figlio del signor Zebra.

La moglie del ragioniere chiese perché. La donna non smise di cantare e pose le pietre in quella mano fredda.


Il signor Zebra si preparò a scendere per la cena. Per le scale incrociò lo sguardo della moglie del ragioniere. Era fisso e spettrale, le pupille dilatate. Mentre accennava un sorriso, il signor Zebra notò che la donna cantava una nenia a bassissima voce. Senza accorgersene, lasciò cadere il frammento di specchio e proseguì verso la sala da pranzo.

La moglie del cuoco entrò con la prima portata.

Le donne del coro attendevano fuori dalla porta. Raccolte in gruppi di tre, si accarezzavano lente.

Il signor Zebra assaggiò il pasticcio e lo gradì, mentre, nella ghiacciaia, il cuoco bruciava i vestiti e le teste degli amanti. I blocchi di ghiaccio si scioglievano. Il cuoco vi appoggiò la schiena e sudò sale sul proprio sorriso. Il figlio piccolo provò a entrare con la sua palla e il cuoco lanciò un osso contro la porta, chiudendogliela sul naso. Il bambino cacciò un grido acuto e pianse su per le scale.

Il signor Zebra gustò in silenzio un ultimo pezzo, che doveva essere la gamba, e si alzò da tavola.

Il canto delle donne aumentò di volume e la moglie del ragioniere tese le orecchie oltre l’angolo del corridoio.

Le donne smisero di accarezzarsi. Quando il signor Zebra fu nell’anticamera, fece in tempo ad accennare un colpo di tosse, prima che la moglie del ragioniere affondasse il frammento di specchio nel suo stomaco.
Con gli occhi fissi e il respiro calmo, rimase lì davanti, ferma a guardarlo mentre si dissanguava, con le donne del coro che le si stringevano intorno e la nenia che le riempiva le orecchie.
Il figlio del cuoco svenne in un sorriso e la palla rimbalzò giù per le scale, dove il cuoco la prese al volo, asciugandosi il sudore.


Il mazzo di stelle continuava a profumare. E di notte, finalmente, un alito di vento rinfrescò stanze e cortili.

martedì, ottobre 18, 2005

IO, LO SCAMARCIO PIU' BRUTTO DEL MONDO...

Ovviamente lo scamarcio è un animale rarissimo che abita la macchia di Roma Nord! :)

Eccoci qua! separati alla nascita!


CHE VERGOGNA, STO BLOG!

Ragazzi, già mi è sfuggita di mano quella leggerezza tanto raccomandata nel Vertice di Campo dei Fiori (così verrà nominato nei libri di storia)!!
Questo blog già rischia di diventare un'antologia di frivolezze.
Poi per ora si è zompati solo dalle donne nude a dolciumi e parmigiana. Praticamente Homer Simpson, io. "Eeeeh... ciambelle!..."
Per non parlare di quel mero tentativo, col post su Pinter, di inserirci un po' di cultura! Patetico!
Ragion per cui, torniamo sulla strada maestra!
Vi ho mai parlato bene-anzi-no-benissimo (o semplicemente chiesto cosa ne pensate) delle...


GOCCIOLE EXTRA DARK?!?!

Lo so, lo so cosa pensate! E' pura pubblicità illegale e gratuita nei confronti di un brand già pieno di soldi che sfrutta bambini. Ma perché ancora non mi avete sentito tessere l'elegia delle scarpe Nike! Ma la risparmierò in rispetto dei no global camuffati in mezzo a voi. Poi comunque non si tratterebbe di cibo e donne, quindi... E che ci spreco un post?! Eh no! La coerenza prima di tutto.

Insomma, comunque vi ordino di acquistarne un pacco al più presto, insieme a una confezione di "crema di nocciole" (notate lo sforzo di non nominare la NUTELLA!)

A chi poi non piacesse proprio il cioccolato tout court... Condoglianze! (parte la marcia e Sergio, a testa bassa, si incammina dietro al solenne carro funebre stile Maria Cristina d'Austria)

Buona degustazione. A presto con la prossima puntata della rubrica:

"Magna tanto quanto Sergio e se ci riesci di più "

lunedì, ottobre 17, 2005

SILENCIO DALLO STOMACO D'AMIANTO (uno dei Cavalieri dello Zodiaco)

Venerdì scorso ci si ritrova in quel di Campo dei Fiori, tra un frappè e un caffè.
Passa poco tempo prima che, prendendo le mosse dalla considerazione del polverone dialettico alzato dal post "TALENTO E PANTOFOLE" di Matan (cfr.), qualcuno - vatti a ricordare chi - apra un gradevolissimo e fluente dibattito circa la dignità del blog come medium.
(madonna, che frase complicata!)
Si arriva nemmeno tanto presto a convenire che l'uso più proficuo e nobile del mezzo che noi stessi, in questo istante, andiamo ad usare, sia quello che adoperi un tono semplice e fresco (direbbe Gufi) , quello che stia a testimoniare una trasparenza totale, senza tuttavia disdegnare un po' di sano esibizionismo artistico.

Questo post è dedicato - in ordine alfabetico - a Federica, Igor, Jack, Manap, Marco, Mauro e Viola.


1. LA BARZELLETTA DI ME STESSO

Ieri pomeriggio Pam ed io decidiamo per un cinema.

S: - Vedi che cosa danno e scegli un paio di alternative. Io faccio lo stesso, così poi confrontiamo le proposte e andiamo a vedere comunque quello che voglio io. Ok?
P: - Mi sembra giusto.

Lei se ne esce con "Romanzo Criminale". L'idea non mi entusiasma, ma sempre meglio della sua seconda scelta: "La tigre e la neve.

S: - No! Tutto, ma Benigni no!

Dopo un passaggio all'Eliseo Cafè raggiungo Pam, Manap e Sara all'Oppio Caffè.
"Hai mangiato, Sergio?" mi domando bonario. Ma non facciamo in tempo.
Visto che io sono in motorino, si decide, sensatamente, di andare con la sua macchina.
Già questa è un'umiliazione. Poi mi vergogno anche un po', quando inizio a sentire le imprecazioni che la piccolina sbraita contro pedoni e automobilisti.
Orario di entrata: 22. Sono le 21, 56. Attraversando Piazza Esedra:
S: - Col culo che ho è rimasta solo la terza fila. Ti dico, poi, se è troppo laterale non lo compro.
P: - Ammazza che palle, che sei!
S: - Perché non sei mai andata al cinema con Mauro! Ho fame...
P: - Pure io. Dai, magari mangiamo qualcosa all'uscita.
S: - Vabbè, tanto io al cinema mi sfondo di caramelle gommose, perciò non c'è problema.

Entriamo.

S: - Dai, se vuoi comunque andiamo a vedere Benigni. (ride sguaiatamente, poi alla Bigliettaia) Ciao, due per "Romanzo Criminale", per favore. Come siamo messi?
B: - Terza fila.
P: - (ridendo sguaiatamente) Dai, se vuoi andiamo all'altro Warner!

Sto per rinunciare, poi penso "Dai, Sergio, non puoi essere così cacacazzi!", e con enorme sforzo, annuisco alla Bigliettaia. Pam ride ancora.

S: - Andiamo, simpaticona! Voglio le mie caramelle.

Mi avvicino al banco dei dolciumi: nei recipienti giacciono leccalecca, liquirizie e caramelle delle più svariate varietà di durezza. Ma nemmeno l'ombra sbiadita di un orsetto, la coda rinsecchita di uno squalo di gelatina, né lo zucchero sparso e piccante delle coca-cole. NIENTE CARAMELLE GOMMOSE.

P: (ride)

Tre simpatiche monete da un euro e un allegro decino saltano fuori dal mio fricchettonissimo portafogli e si consegnano alle mani veloci del banchista, barattando il loro valore con un succulento pacco "jumbo" di M&Ms.

Io tutto fiero del mio acquisto, trotterelliamo in sala.
"Devi andare al bagno, Se'" mi sussurro premuroso. Faccio per alzarmi, confidando in una ventina di minuti di trailers. Ma appena alzo le chiappe ecco che parte il film. "Pazienza." E questa diventerà la parola chiave.
Mentre iniziano a scorrere i titoli di testa, un paio di risatine alle mie spalle mi strappano un commento diretto all'orecchio di Pam:
"Ecco, c'è qualcosa di peggio di un film di cui diffidi, già iniziato, in terza fila, senza caramelle gommose e con la vescica gonfia: i coatti che chiacchierano e ridono alle tue spalle!"

Allo scoccare della prima mezzora mi tornano in mente le mie brave M&Ms. Con immensa cautela apro un varco nella confezione e inizio a pescare. Una, due. Nell'afferrare la terza mi viene da tossire. Il quadricipite su cui poggia la busta si contrae. Fruscio di plastica, rumore di perle (perché perle sono, visto il prezzo!) e una risatina alle mie spalle.
Il successivo quarto d'ora di entrambi è stretto tra singhiozzi e lacrime, esattamente a metà strada tra il riso e il pianto.
Dopo pochi secondi di strenua resistenza, il mio pudore si alza ed esce dalla sala, lasciandomi solo, al colmo della disperazione, a tastare il sudicio pavimento alla ricerca delle praline raggiungibili. Fantastico di conservarne qualcuna in apposite sacche guanciali, ma le mie scorte non arrivano nemmeno all'intervallo (che al Warner non c'è).
Qualcuno, tempo fa, mi chiamava Paperino...


2. Piccole ore, grande spuntino!
Arrivo a casa stremato e sbalordito dalla massa critica della mia sfiga. Ma soprattutto distrutto dalla fame!
Nel buio della cucina, dopo aver lasciato che le più disparate estremità del mio corpo assaggino i più disparati spigoli e che i più disparati inquilini del mio palazzo bestemmino i più disparati santi, intravedo il bagliore rassicurante dello sportello del forno.
Con la bava che mi si secca ormai sulla bocca, tiro verso di me la maniglia, un enorme tuffo al cuore e...
(dalle quinte laterali entrano arcangeli con le trombe e diavoli coi tromboni; alle spalle di Sergio compaiono schiere di ballerine in abiti succinti e un corpo di ballerini matti conciati da dipinto di Arcimboldo; sette sacerdotesse di Diana intonano un canto alla prosperità e all'abbondanza, una pioggia di Grana Padano grattugiato riempie la scena, mentre Suor Germana in gonne corte e mestolo d'oro gorgheggia come Beyonce...)
...LA PARMIGIANA DI MELANZANE FRITTE DI MAMMA ROSARIA!!!!!!
TA-DAAAAAAN!
Fu così, piccoli miei, che il nonno, anche quella volta, si salvò dalla morte per inedia.
Fu così che il poeta Federico Garcia Lorca scrisse:
"Quando morirò
seppellitemi con
la mia parmigiana di melanzane
sotto l'arena."

domenica, ottobre 16, 2005

CUORE DI MAMMA


E va bene, ammettiamolo!
Il primo commento di mia madre era stato reso possibile dalle mie direttive.
Ma il secondo è autentico!
Diciamo che ha un po' rosicato di non essere stata in grado e allora, zitta zitta, è andata da sola sul blog (c'è riuscita solo perché ne avevo inserito l'indirizzo tra i suoi "preferiti"!), ha studiato un intero pomeriggio grammatica inglese e, vocabolario alla mano, ha tradotto il link "post a comment", interpretandolo come una reale (seppure virtuale!) possibilità di lasciare un segno di propria mano.
Così tutto ha preso vita.
Mia madre (la signora Mariarosaria, per tutti voialtri), la simpatica faccetta che vedete uscire dall'oscurità della foto qui sopra, sarà stata la prima, tra tutte le nostre madri, a bagnarsi le scarpe poggiando un piede in questo copioso fiume di blog.
E noi la festeggiamo con un post tutto dedicato a lei.
Benvenuta nella realtà virtuale, ma'!

venerdì, ottobre 14, 2005

ERRATA CORRIGE

Ovviamente già arrivano i primi errori...
Noterete che c'è un post vuoto: avevo zelantemente battuto a computer un dialogo da postare (quello che mi aveva chiesto Matan), ma non so perché ho perso tutto il testo al momento della pubblicazione!!

NOOOOOOOOOOOOOOOOooooooooooooooooooooooooooooo.................... PUF!
(tipo Wile il Coyote)

:)

Ora sono alla disperata ricerca della voglia di riscriverlo da capo!
Se qualcuno sa qualcosa di dove si è nascosta me lo dica!
Accidenti, eppure era qui da qualche parte...

A Proposito di Letteratura...

Allora fai la lista di tutti i premi vinti, no, Se'?
Voi non ci crederete, ma non sono riuscito a trovare una foto decente di Harold Pinter, per
mostrarvi la faccia del vincitore del PREMIO NOBEL per la LETTERATURA 2005!!


Nato il 10 ottobre nella periferia londinese di 75 anni fa, il buon Harold inizia a scrivere (e pubblicare, morisse!) poesia.
Inizia a lavorare come attore nel 1953THE ROOM (!!), la sua prima pièce teatrale, datata 1957, è stata completata in quattro giorni!
Nel '58 approda nel West End e da lì è tutta in discesa.

I titoli sono innumerevoli, sia per teatro, che per cinema, che per televisione.
Quindi ve li andate a cercare da soli! :)

Ci tengo solo a dire che sono contento che ancora una volta un uomo di spettacolo abbia ricevuto un Nobel per la Letteratura. Pare che nomineranno anche la Lecciso e Al Bano a pari merito!
(oddio, che sforzo, questi cenni all'attualità! Ho le vene che mi scoppiano! Vado a stendermi un secondo!)

giovedì, ottobre 13, 2005

SEXIEST WOMAN ALIVE!!!!




Beh, finalmente, qualche giorno fa, la rivista Esquire ha eletto la nuova miss:
La "donna più sexy vivente" quest'anno è Jessica Biel, che ruba il trono alla sempreverde (e non solo verde!) Angelina Jolie.
Qui la fotogallery più allettante.

Beh, finalmente anche io ho un blog per dire pubblicamente che sono quasi commosso dalla decisione dei redattori della famosa rivista! :)
Ci avevo puntato un bel po' di soldini...


p.s. prego notare lo sforzo per rendere il più possibile frivoli i miei primi post, prima di attaccare fior di seghe al mondo intero!

DIS-COR-SO!! DIS-COR-SO!!




(da recitare con intonazione tipo "stadio", incitando, marcando tutte le sillabe così come sono separate e possibilmente battendo le mani a tempo! MODELLO: SER-GIO! SER-GIO!, ovviamente)

BUO-NASE-RA A TUT-TI!! CO-ME STA-TE?!?!

Potrei davvero scrivere ogni post così, ma non iniziereste nemmeno a visitare il blog, quindi mi accontenterò di suggellarlo nel titolo, suggeritomi (dai, Se', confessa!) da Igor ieri sera.

Insomma, che dire? Questo è solo il primo post... e già ho esaurito gli argomenti! :)

No, scherzi a parte.
Io intanto lo apro e piazzo un po' di mani avanti: ho paura si siano create delle aspettative, viste soprattutto le affluenze di nuovi blogger nel giro di pochi grappoli di giorni. (vedi p.s.)

Quindi dirò solo che scriverò solo quando avrò tempo, di cose il più possibile disinteressate e sognanti, sicuramente surreali e poco coerenti.
Sarà, insomma, un blog d'evasione, soprattutto letterario, al quale spero di poter aggiungere prima o poi anche delle foto personali.

Intanto ringrazio tutti gli "spingitori di Sergio" e... sostenetemi numerosi!


p.s. grappoli di giorni: poco meno di settimane. :)